Hertz vs Avis, l’epica battaglia del brand positioning

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hertz vs avis
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Due colossi del noleggio auto, due acerrimi nemici che nel corso del tempo si sono sfidati a suon di pubblicità e posizionamento. La loro storia ci insegna l’importanza della strategia legata al marchio nel mercato.

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La storia dei brand è costellata di rivalità insanabili, combattimenti all’ultimo spot e brutali lotte di potere per aggiudicarsi il Sacro Graal del marketing: la leadership nel mercato.

Posizionarsi come il numero 1 di un determinato settore, infatti, è il vero segreto (nemmeno tanto segreto, oramai) per far esplodere le vendite della nostra attività.

Non è semplice: la strada per arrivare in vetta è lunga, tortuosa, irta di pericoli di ogni tipo e, soprattutto, molto costosa.

Posizionarsi come primi nella mente dei clienti significa, sì, essere percepiti come i migliori della nicchia in cui operiamo, ma anche essere disposti a passare anni e anni di lavoro a ottimizzare budget, studiare il mercato, mettere a punto strategie vincenti, difendersi dagli attacchi dei concorrenti, comunicare nella maniera corretta…

Insomma, roba tosta per aziende toste!

Un fulgido esempio di cosa significa fare brand positioning ad alti livelli proviene dalla battaglia tra i due colossi americani del noleggio auto, la celeberrima (almeno tra noi marketers) sfida Hertz vs Avis.

Ora forse ti starai chiedendo:

“Ma io sono un Agente Immobiliare, che diamine mi importa del noleggio auto?”

Beh, il brand positioning vale a prescindere dal settore e vedere come si muovono le grandi aziende globali ci permette di capire a fondo l’importanza del posizionamento.

LA PREPARAZIONE DEL CAMPO DI BATTAGLIA

Il brand positioning può essere visto come una vera e propria guerra, fatta di armate, strategie e tattiche volte a scalzare il nemico dalla posizione di dominanza.

Nel caso specifico, parliamo del 1962.

Siamo nel pieno boom del mercato automobilistico: le grandi case hanno cominciato ad abbracciare una politica di vendita su larga scala, passando da una concezione che vedeva l’automobile come bene di lusso, ad una dove, in base alla fascia di appartenenza e alle disponibilità economiche, ognuno poteva (e doveva) permettersi un mezzo di trasporto privato su 4 ruote.

Questa rivoluzione nel modo di intendere la società e la mobilità, come tutte le rivoluzioni, non si è realizzata da un giorno all’altro, ma ha preso forma dopo anni di cambiamenti sia di mentalità che di mezzi di produzione.

Proprio durante quegli anni, la Hertz, fondata nel 1918, intercettò un bisogno fondamentale: la domanda di automobili era enorme, tuttavia solo pochi potevano permettersene una di proprietà.

Così, cominciò a costruire mattoncino dopo mattoncino la sua posizione da leader del settore dell’autonoleggio.

Noleggiare automobili era molto redditizio, quindi anche un’altra grande azienda decise di entrare nel mercato: l’Avis.

Ora, ai vertici dell’Avis si trovarono ad affrontare un grande problema: la Hertz aveva avuto il monopolio de facto del settore per quasi 30 anni.

Infatti, Avis nacque nel 1946, a fronte del 1918 dei rivali.

In termini di brand positioning stiamo parlando di un lasso di tempo enorme, quasi un’era geologica.

LA SCALATA DI AVIS E LE PRIME SCARAMUCCE

I manager di Avis non si diedero per vinti e cominciarono a lanciare campagne di successo.

L’ascesa fu rapida: da azienda neonata, Avis arrivò in pochi anni a insidiare la posizione di Hertz, fino a quel momento mai messa in discussione.

Come avevano fatto quelli di Avis a crescere così velocemente?

Grazie a un capolavoro di posizionamento.

Il fondatore, Warren Avis, già ufficiale di aeronautica, si accorse che nel settore dell’autonoleggio era presente una nicchia scoperta: non c’erano macchine negli aeroporti.

Avis sfruttò la lacuna mettendo per prima le auto a disposizione dei viaggiatori direttamente negli scali aeroportuali.

Inutile sottolinearlo, la mossa fruttò milioni su milioni.

Milioni che, nel giro di pochi anni, si rivelarono quasi fatali alla neonata Avis.

Come spesso succede in questi casi, infatti, la dirigenza dell’azienda decise di ampliare gli investimenti andando allo scontro aperto contro Hertz in ogni nicchia dell’autonoleggio.

L’idea si rivelò un fiasco.

Hertz era troppo potente e radicata per poter essere scalzata, ogni iniziativa pubblicitaria classica veniva sovraspesa, ogni tentativo smorzato sul nascere…

Le persone riconoscevano Hertz come leader di mercato, non importa quanto Avis avesse investito nel servizio clienti (sicuramente migliore di quello degli avversari) e in una politica di prezzo molto più vantaggiosa.

LA BATTAGLIA FINALE

Siamo arrivati agli anni ’60.

Il bilancio di Avis è allo stremo, l’azienda è in perdita per circa 3,2 milioni di dollari, cifre impressionanti per l’epoca.

Le quote di mercato sono circa 61-29 a favore di Hertz, un vero e proprio disastro.

Serve un’altra idea geniale, pari a quella avuta qualche anno prima da Warren Avis in persona: spendere più di Hertz in campagne pubblicitarie non è possibile, quindi come fare?

L’intuizione strategica fu tanto semplice, quanto efficace.

L’agenzia pubblicitaria Doyle Dane Bernbach abbracciò la posizione di Avis nel mercato, il secondo posto, rendendolo un punto di forza.

Così lanciarono la famosa campagna “We try harder”.

In parole povere, il messaggio di Avis consisteva in una presa di coscienza: “Sappiamo di essere i secondi, per questo ci impegniamo di più per arrivare primi”.

Come si impegnava di più Avis?

Fornendo un servizio di gran lunga migliore rispetto a quello offerto da Hertz.

Il successo della campagna fu clamoroso: nel giro di pochi anni, l’azienda andò da un passivo pesante a un attivo di 1,2 milioni di dollari, rosicchiando quote su quote ad Hertz che passò dal 61% al 46% del mercato.

CONCLUSIONI

Hertz rimase impietrita dalla mossa di Avis e la risposta dei manager fu quella dell’immobilità: decisero di ignorare la campagna dei concorrenti, continuando per la loro strada fluttuando sulla loro torre d’avorio.

Quando ormai il nodo era troppo grande per essere ignorato, allora passarono ad un magistrale contrattacco:

“Per anni Avis vi ha detto che Hertz è la numero 1. Ora vi spieghiamo perché”.

Le posizioni erano ormai definite: Hertz consolidò una leadership molto più debole rispetto alle quote iniziali, mentre Avis trasformò le perdite in profitti grazie al suo ruolo di co-leader.

Come dimostra la storia, il brand positioning è un’arte molto sottile e pericolosa, minimi errori o ambizioni senza fondamento possono far sprofondare anche i brand più solidi.

Occorre sempre muoversi con un’enorme cognizione strategica, partendo dalla consapevolezza della propria posizione sul mercato e attaccando i concorrenti laddove essi ci lasciano spiragli.

Se non sei il leader della tua nicchia, allora prova a consolidare la tua seconda posizione!

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