Le Armi della Persuasione: la Coerenza

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coerenza
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Continuiamo il nostro viaggio all’interno della persuasione, vista attraverso gli occhi dello psicologo americano Robert Cialdini. In questo articolo, approfondiremo uno dei principi-guida di questa arte: la coerenza.

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Come ormai forse avrai capito, se sei un lettore assiduo del nostro blog, uno degli aspetti del marketing su cui a noi piace porre maggiormente l’accento è la psicologia che si nasconde dietro alle motivazioni per le quali i clienti vengono convinti o meno ad acquistare un prodotto/servizio.

Detto in maniera più stringata, la psicologia della persuasione dietro il marketing e la comunicazione.

In fondo, l’intreccio comunicazione + marketing serve proprio a questo: strutturare un cammino tale da portare una persona da un punto A (l’inconsapevolezza di noi e della nostra proposta) a un punto B (l’acquisto), passando per tappe obbligate.

Lungo questa via tortuosa e a tratti oscura, però, abbiamo la possibilità di mettere il “turbo” alla nostra macchina, velocizzando tutte le fasi del processo e giungendo alla destinazione più in fretta.

Questo “doping” è rappresentato da alcune leve psicologiche (ricordiamoci che, in comunicazione e in marketing, noi parliamo con gli esseri umani, la cui componente psicologica è di fondamentale importanza nei processi decisionali) atte a persuadere l’interlocutore spingendolo dove vogliamo noi.

Ovviamente, non bisogna immaginarsi una scena alla Giucas Casella, ma mescolando i giusti elementi, è possibile incanalare l’attenzione (e, in alcuni casi, la volontà) dei nostri prospect.

Questi principi della persuasione, sono stai ben sintetizzati dallo psicologo americano Robert Cialdini, un’autorità quando si parla di psicologia connessa al marketing.

Oggi esamineremo uno di questi: la coerenza!

LA STORIA DEI PRIGIONIERI AMERICANI IN COREA

Cosa meglio di un aneddoto può aiutarci a capire la potenza del principio di coerenza?

Per capire la forza di questa leva, infatti, riportiamo lo stesso esempio proposto da Cialdini nel suo libro Le Armi della Persuasione.

Erano gli anni ’50, nel pieno della Guerra Fredda.

Le forze comuniste del nord, coadiuvate da URSS e Cina, avevano appena invaso il sud della Corea e gli americani erano corsi in soccorso del Paese.

Come tutte le guerre, ci furono prigioniere ambo le fazioni. Ma quello che successe nei campi di prigionia cinesi ebbe dello strabiliante.

Un numero impressionante di prigionieri americani, infatti, cominciò a collaborare con le forze comuniste e, no, senza subire alcun tipo di tortura o coercizione fisica.

Non stiamo parlando di gente comune: ma di soldati profondamente indottrinati all’anticomunismo.

Com’era possibile che soldati preparati e addestrati contro ogni possibile scenario finissero per cedere e fornire informazioni, aiuto e persino sentite dichiarazioni pubbliche contro lo stile di vita americano (prontamente utilizzate dalla propaganda comunista)?

A un’attenta analisi degli psicologi, emerse una verità perversamente geniale: i cinesi avevano capito che per convincere gli americani senza ricorrere alla tortura (strumento che si sarebbe rivelato un clamoroso autogoal in un contesto fatto di propaganda come la Guerra Fredda) dovevano far leva sul semplice principio della coerenza.

Il “lavaggio del cervello” funzionava pressappoco in questa maniera:

  • I prigionieri americani, in cambio di una razione in più di cibo o un piccolo premio, venivano obbligati a scrivere su carta un aspetto che loro stessi consideravano “problematico” dello stile di vita americano Potevano essere anche frasi insignificanti e ovvie come: “Gli Stati Uniti non sono perfetti” (quale Paese lo è, d’altronde?) o “Nei Paese comunisti, la disoccupazione non è un problema“.
  • Questa affermazione banale veniva usata come gancio per spingere i prigionieri a fare una dichiarazione leggermente più specifica e consistente.
  • Il processo si ripeteva tramite un meccanismo di asserzioni progressive, fino al raggiungimento della persuasione totale dei prigionieri, autori stessi di dichiarazioni pesanti e fortemente pro-comunisti.
  • A quel punto, i prigionieri erano convinti delle loro stesse parole ed erano pronti a collaborare.

Un meccanismo perverso, non c’è che di dire, ma sicuramente geniale.

E la cosa più affascinante era che gli stessi americani si convincevano sul piano logico delle asserzioni che facevano e molti di loro finirono per adottare lo stile di vita comunista, rimanendo in Corea del Nord.

Infatti, i cinesi non obbligavano con la coercizione i prigionieri a firmare le dichiarazioni fatte, ma mantenevano la spontaneità come parte integrande del processo di propaganda.

LA COERENZA: DEFINIZIONE

L’esempio dei prigionieri americani ci fa toccare con mano la potenza della coerenza in ambito persuasione.

Ma come possiamo definire la coerenza, da un punto di vista psicologico?

Semplificando, Cialdini ci dice che la coerenza è lo sforzo, al limite dell’irrazionale, che facciamo per non cadere in contraddizione con ciò che abbiamo fatto o ciò che abbiamo detto in un dato momento nel passato.

La coerenza è un vero e proprio valore etico per la nostra società, analizzato e approfondito da varie correnti filosofiche e psicologiche.

Addirittura, si è studiato che figure sicuramente negative dal punto di vista morale (come il “ladro gentiluomo” o il “killer etico” alla Léon dell’omonimo film di Besson) attraggono l’empatia del pubblico più di una persona media, ma incoerente.

Questo perché nello svolgimento delle storie, rimangono coerenti con il loro codice d’onore.

PERCHÉ LA COERENZA CI FA DIRE “SÌ

I meccanismi alla base della coerenza sono ancestrali e fanno parte di quei comportamenti automatici che mettiamo in atto senza rendercene conto.

Gli esseri umani hanno la tendenza a non cadere mai in contraddizione: quante volte ci è capitato di parlare con una persona che aveva palesemente torto e continuava a ribadire il suo concetto pur di non rinnegare le sue asserzioni?

Aborriamo la contraddizione in quanto apportatrice di caos e sappiamo bene quanto il caos significhi incertezza, instabilità, sfiducia.

Insomma, il caos non garantisce una verità sicura su cui appoggiarci, quindi preferiamo prendere una scorciatoia chiara che ci dia solidità, non importa se sacrifichiamo la logica sull’altare della coerenza.

CONCLUSIONE

La coerenza può essere un’arma potentissima, se usata in comunicazione o nel marketing.

Infatti, può instillare credenze nella mente dei lead in target credenze che poi saranno funzionali a portarli verso l’acquisto dei nostri prodotti/servizi.

Un esempio nell’ambito immobiliare?

Beh, tramite il meccanismo delle asserzioni progressive è possibile portare un cliente scettico sui servizi di un’Agenzia a ricredersi sulla figura degli Agenti e a dar loro una possibilità.

Partendo da concetti molto generali come: “Fare tutto da soli richiede un sacco di tempo e il tempo è denaro” oppure “Non tutti gli agenti sono squali assetati di soldi no?” si possono porre basi per convincere l’interlocutore che l’Agenzia non sia il male assoluto.

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